Coppia

Consulenza sulle dinamiche di coppia a Ciampino


Tutti gli articoli presenti in questa sezione sono stati scritti dal dott. Stati Felice e in alcun modo reperiti o copiati, anche in parte, da altre fonti. Gli stessi, inoltre, sono stati pubblicati sulla rivista CMAGAZINE.

Maggiori informazioni

Amare non è una "pratica chiusa"


La scelta in amore si rinnova ogni giorno, ogni ora, ogni secondo. Amare una persona non è come relazionarsi con l’altro dando per scontato che sia così e sarà sempre così.

Amare è una conquista. Sempre. Spesso in seduta dico alle coppie che si rivolgono a me: <<Quando pensiamo di aver incontrato la persona giusta, a volte incappiamo comunque nelle difficoltà. Le difficoltà sono legate al cambiamento inevitabile della vita. Ogni fase di passaggio -matrimonio e/o convivenza, traslochi, figli- mettono sempre a dura prova la coppia>>.

  • Continua a leggere l'articolo

    Uno dei motivi principali che fanno entrare in crisi una coppia è l’assurda convinzione di vivere con il partner ciò che non è stato possibile vivere nel passato. Così l’altro deve essere come vogliamo noi, non dovrà mai cambiare e soprattutto non dovrà mai deludere.


    Quante volte si sente in seduta la frase: <<In questo rifiuto spesso siamo talmente miopi che non ci rendiamo conto che siamo noi i primi a rifiutare. In virtù del fatto che l’amore non è una “pratica chiusa”, amare significa ascoltare, valorizzare, stimare l’altro. Ma significa anche scusare i limiti dell’altro. Scusare il nostro partner ogni volta che questo sarà necessario. Amare significa anche non imporsi. Vale a dire non assumere comportamenti predefiniti. Questo allontana. Aspettare e saper attendere, invece, avvicina e permette il confronto autentico. Amare vuol dire trovare insieme una nuova modalità di affrontare le avversità che la vita ci pone dinanzi>>.


    Certo è che per poter amare l’altro e gli altri occorre saper amare noi stessi. Il problema più grande in questo caso è sapersene accorgere. Molte volte non ci rendiamo neanche conto che non ci vogliamo bene. Pertanto il primo passaggio è concederci di amare noi stessi e il resto è una naturale conseguenza fatta di impegno, pazienza, fiducia e creatività.

Dare e avere nella coppia


Una peculiarità del maschile è il dare, la generosità, il fare per l’altro. È evidente da un punto di vista sessuale come il maschile sia quello che dà, anzi che si dà ed il femminile quello che prende e che accoglie. Dare consiste nell’offrire nella libertà qualcosa di noi all’altro, il quale liberamente sceglie se accogliere o no.

Dare è un dono, non è un prestito, né un ricatto, né un’imposizione, né un raggiro. Ma non è neanche un sostituirsi all’altro, semmai è supportare, sorreggere l’altro.

Il dare patologico, non sano, non vero, coincide con il sentirsi svuotato, sfruttato, utilizzato e non riconosciuto. Ed ottiene come risposta, al posto della gratitudine, il rifiuto, il negarsi, il fuggire, il raccontare bugie per sottrarsi. Tutto ciò perché il ricevere quando è imposto, quando non è richiesto, ci fa sentire perseguitati, oppressi, invasi, non liberi.

  • Continua a leggere l'articolo

    Un Maschile però, che non realizza la propria essenza è tirchio, avaro, stitico.


    Per dare e donarsi all’altro è indispensabile avere la capacità empatica di cogliere i reali bisogni dell’altro, ed essere nello stesso tempo onesto e consapevole delle proprie risorse e della capacità di soddisfare i bisogni del partner. Questo è tanto più facile da realizzare, se si prendono le distanze dall’onnipotenza di credere di poter far tutto e se evitiamo di ingannare noi stessi, smettendo di credere che i nostri desideri corrispondano a quelli altrui.


    La gratitudine è un altro banco di prova del vero dare. E’ essenziale nella relazione a due. Non si può donare in modo sano ed autentico senza consentire la libertà all’altro di accettare o meno il nostro dono e successivamente senza restituirgli la possibilità di esprimere emotivamente la sua gratitudine.


    Erroneamente pensiamo che non possiamo dare all’altro ciò che non abbiamo ricevuto. Questa è una bugia psicologica che utilizziamo come alibi e come scusa con il partner e con i figli. Ci riferiamo a quando per difenderci davanti ad una nostra palese incapacità o assenza, prendiamo come giustificazione il non aver avuto validi modelli di riferimento, il non sapere cosa e come dobbiamo fare, il fatto che non ci viene spontaneo, o piuttosto che siamo limitati dal nostro carattere, o infine che abbiamo dato più di quello che abbiamo ricevuto nel passato dalla vita.


    Ebbene tutto ciò è una menzogna. Una bugia. Una scusa che utilizziamo per coprire la nostra colpa, il nostro non esserci nella relazione.


    L’unica cosa che noi non possiamo dare, non possiamo donare all’altro, non è ciò che non abbiamo ricevuto nella vita, ma ciò che non sappiamo e non vogliamo far nascere dentro di noi


    Il principio fondamentale del Femminile è prendere, accogliere e ricevere. Nello specifico il prendere non è un atto che si subisce in modo passivo, ma è una scelta. Pertanto un Femminile che si rifiuta di prendere e che si chiude in se stesso, non realizzando il proprio progetto esistenziale, non è completo e non è felice.


    Apparentemente sembra più facile dare che prendere. Ma ad un più attento esame, ci rendiamo conto come accogliere risulta essere un gesto dalle molteplici implicazioni.


    Innanzitutto prendere, spesso ci fa sentire in debito verso l’Altro e nessuno ama sentirsi “in debito”. Tutti preferiamo tendenzialmente sentirci “in credito”.


    Questo ci impedisce di ri-conoscere che abbiamo un desiderio profondo ed antico: ricevere senza restituire nulla in cambio. L’unico modo per soddisfare questo desiderio ci obbliga però ad accettare di dipendere dall’Altro. Inoltre dobbiamo compiere anche un salto evolutivo maggiore: riconoscerci degni di prendere. Questo è senza dubbio l’ostacolo più difficile da superare. Troppo spesso non accettiamo i nostri limiti e per questo ci odiamo, ci sentiamo poco meritevoli delle attenzioni e dell’amore dell’Altro. Troppo spesso ci sentiamo indegni di prendere, di ricevere e nascondiamo il dolore che ne deriva, dietro l’onnipotente convinzione che non abbiamo bisogno degli altri. Usiamo perciò questa difesa per fuggire la sofferenza che avvertiamo intimamente dal sentirci indegni di ricevere, di chiedere aiuto e dal non prenderci la responsabilità di accettare i nostri bisogni.


    Occorre riconoscere l’Altro e valorizzare il suo gesto generoso di donarsi a noi. Non prendiamo per caso. Prendiamo con l’assoluta convinzione di permettere all’Altro di dare.


    Prendere significa tollerare la capacità di metterci in discussione, provando gratitudine verso gli altri, altrimenti il gesto di dare e di prendere corre il rischio di diventare un ossequioso “gioco delle parti” ove regna sovrano solo il meschino formalismo.


    Il prendere non autentico, così come il dare non autentico, diventa un modo per manipolare la relazione. Si accusa l’altro di essere egoista e si nega a se stessi l’incapacità di valorizzare il gesto di dare svalutando l’Altro e ciò che rappresenta.


    Il dare e il prendere non autentico, si generano e si alimentano vicendevolmente.


    Chi si irrigidisce nel non dare, così come nel non ricevere, attacca il legame inficiando la sua vitalità e la sua potenzialità. Essere in equilibrio tra il dare e il prendere prevede nel contempo vivere un equilibrio tra Principio Maschile e quello Femminile. Questo significa che le due polarità devono essere complementari e non contrapposte, distinte e non con-fuse, collaborative e non competitive.

Quando la Coppia S-Coppia


All’inizio il rapporto vive una fase che si può definire di: “luna di miele”, dove ognuno cerca di conoscere, ascoltare e dialogare con l’altro, in modo autentico e giocoso. È la fase del rapporto in cui si passa dall’”Io” al “Noi”. Con il tempo la comunicazione tra i partners si assottiglia sempre più. Si tende a parlare sempre meno di se stessi, di ciò che si prova e degli stati d’animo che si vivono. Ci si riduce a trasmettere all’altro una sorta di: “comunicazioni di servizio”: <<vai tu a prendere il bambino/a?, lo compro io il pane, …>> Quando si dialoga molto, le differenze individuali non vengono avvertite, ma quando non si ha più uno spazio di coppia nel quale confrontarsi, il rapporto diventa difficile da gestire. Ognuno tende a dare per scontato l’altro e a svalutarlo.

  • Continua a leggere l'articolo

    Anche quando i due partners si lamentano dei loro problemi esprimendo frustrazione e delusione, la tendenza è quella di evitare il confronto perché una litigata è seguita spesso da un periodo di silenzio e, perché si ritiene inutile parlare in quanto non si considera l’altro all’altezza di capire e comprendere. I problemi così rimangono irrisolti. In genere in questi casi si adottano strategie fallimentari, come quella in cui la discussione troppe volte viene vissuta come una “battaglia” dove domina l’atteggiamento di sfida piuttosto, che una reale apertura verso l’altro. Oppure si tende a ritenere a priori di stare nel giusto e di essere unici depositari della “Verità”, invece di pensare che il punto di vista dell’altro possa essere degno di considerazione. Pertanto, qualsiasi cosa l’altro possa fare sarà sempre considerata sbagliata. Un’altra strategia comportamentale, adottata dai partners, è quella di discutere nel momento meno opportuno. Così invece di saper aspettare che l’altro possa avere la possibilità di ascoltarci veramente, presi da un’ansia irrefrenabile, cerchiamo a tutti i costi di avere ragione, lasciando che il nervosismo ed il fraintendimento, dominino la comunicazione. Ma il nemico più ostico della coppia quando si litiga è l’errata valutazione delle priorità. Vale a dire che la maggior parte dei litigi si alimentano nelle persone per le quali :”avere ragione è più importante che essere sereni”. Superare questa convinzione significa cominciare veramente a crescere “insieme” all’altro e non “accanto” all’altro. Aprirsi con il nostro partner pertanto è un processo che prevede impegno e pazienza e certamente non è né scontato né concessoci a priori.

Accoppiati e "Accoppati"


Essere in coppia rappresenta sempre una conquista. Sin dalle prime infatuazioni adolescenziali, noi cerchiamo di percorrere un lungo percorso emotivo che ci porta a scegliere il partner con cui trascorrere insieme il resto della nostra esistenza. Le coppie che si formano possono essere classificate secondo diverse caratteristiche. Ci sono quelle che si possono definire: “coppie fuse” dove i partner sono fusi e con-fusi. Si rifuggono i litigi e le novità sono percepite come minacce. L’intimità esiste solo a livello immaginario non nella realtà. Ci sono anche quelle che possiamo definire “coppie competitive” dove il rapporto è superficiale, non c’è spazio per le singole individualità, ed il confronto/conoscenza passa solo per lo scontro.

  • Continua a leggere l'articolo

    Viste dal di fuori queste coppie sembrano essere assorbite solo dai litigi e su chi deve avere la meglio sull’altro. Poi ci sono coppie che io definirei “fare squadra” dove i rispettivi partner sono percepiti come estensione narcisistica dell’altro. Solitamente sono coppie senza figli. Dal di fuori sembrano essere una coppia, ma nella realtà non si sono mai autorizzati intimamente ad esserlo. Le “coppie integrate”, invece, sono quelle in cui un membro, inconsciamente, prende la delega di assumere un dato ruolo assegnatogli dall’altro: uno è portatore di un disagio e l’altro lo assiste, uno è socialmente “accettabile” e l’altro invece bisognoso di una “guida” (basti pensare al delinquente con la brava ragazza figlia di buona famiglia). C’è anche la coppia “de Coubertin” dove per i partner l’importante è partecipare. E’ la tipica coppia dove non c’è intimità. Il matrimonio non è un’occasione per crescere con e grazie all’altro, ma un dettame culturale. In questa coppia non c’è un reale coinvolgimento emotivo e affettivo. Il sesso è solo una performance e non uno scambio intimo e profondo. Spesso queste coppie entrano in crisi quando decidono di avere figli.

Altre coppie...


Nella coppia l’intimità si costruisce giocando. Ciò è reso possibile grazie al fatto che così si schiude la curiosità e la capacità di creare, del bambino che c’è in tutti noi. Per arrivare a questo, occorre lasciare la “corazza” che nel tempo ci si è costruita, man mano che si diventava adulti. Scoprirci al al nostro partner, confidando le nostre segrete aspettative ed insicurezze non è una debolezza, ma può essere un punto di forza per la coppia. Questo “scoprirsi” può essere un’occasione e non una minaccia, ma ciò è reso possibile grazie alla capacità che ognuno di noi ha nel fidarsi di se stesso e dell’altro.

  • Continua a leggere l'articolo

    Ci sono coppie che possiamo definire “coppie da sms o da smart phone” e sono coppie che vivono spesso divise durante la settimana e danno il meglio con le parole ma non sono capaci di vivere una intimità reale. Poi ci sono le coppie che definirei “torre d’avorio” dove i partner sono molto rigidi e si presentano come cittadini modello. In queste coppie dove non c’è né complicità e né intimità tutto deve rimanere invariato, il cambiamento è sinonimo di minaccia. Altre coppie sono le “coppie illusorie”. Sono coppie dove i comportamenti sono predefiniti e stereotipati e sono coppie molto fragili. Poi ci sono le “coppie della vacanza”, dove i partner parlano delle loro difficoltà coinvolgendo gli amici e dove apparire come felici e soddisfatti è un obiettivo primario. La “coppia toy” invece, all’esterno appare molto bella ma quando “il gioco” tra i partner finisce, allora per trovare nuove energie i partner si infervorano con progetti, spesso superficiali, da realizzare all’esterno della coppia. “Le coppie autistiche” sono coppie dove i partner sono chiusi nel loro mondo e l’altro non esiste, neppure ci si accorge dell’altro. Hanno interesse solo a mantenere un superficiale equilibrio non basato sull’intimità e né sapendo i veri motivi che li rendono una coppia. Un’altra coppia che si regge sulla non-intimità e la “coppia del diritto” ove solitamente c’è un proprietario ed un ospite. Dove il diritto dell’uno coincide col dovere dell’altro in ogni singolo atto della vita quotidiana. Invece la “coppia aut aut” si basa sul fatto che solitamente lui non vuole diventare genitore e lei impone la sua scelta di diventare madre. E’ una coppia dove non si può vivere con serenità il rapporto ed ogni richiesta passa per un “do ut des”.

Il Mal d'Amore


Sin dai nostri primi momenti di vita, noi dipendiamo da nostra madre. Veniamo accuditi, coccolati, nutriti da lei solamente. In seguito cominciamo ad esplorare l’ambiente che ci circonda ed iniziamo a separarci. Questo passaggio non è sempre agevole. Si vive un vero e proprio trauma. Tale esperienza negativa ci può condizionare per tutta la vita. A seconda di come ci siamo separati continuiamo a dipendere dalle figure per noi affettivamente significative. Se la separazione iniziale non viene superata dentro di noi, continueremo a rivivere il rapporto simbiotico con nostra madre nel rapporto con il partner.

  • Continua a leggere l'articolo

    Tale fusione e con-fusione con l'altro, può trasformare il rapporto di amore, in un rapporto di possesso dove l'altro viene percepito come "proprietà" e non come un individuo diverso da noi con altre caratteristiche ed altre peculiarità . In questa situazione non c'è spazio per il partner. Ciò soffoca la relazione e non permette l'accesso alla complicità di coppia che è a sua volta è la premessa alla intimità di coppia. Chi vive in questa situazione è "intossicato" dal partner come se fosse una droga, non si controlla e desidera stare con l'altro per non cadere in "astinenza" . Questo non è amore, perché non si sceglie di amare l'altro, si sta con l'altra persona perché non se ne può fare a meno. Non solo, ma il rapporto è caratterizzato dal timore verso ogni possibile cambiamento, dalla repressione dei desideri e degli interessi dei propri e dell'altro. Si vive così un assoluto stato di "devozione schiavizzante", perdendo per questo, la propria capacità critica e percependo il proprio partner come fondamentale per la propria esistenza.


    Quanto detto non va confuso con l'innamoramento, che è una condizione psicofisica che si prova nei confronti di un'altra persona con cui vorremmo instaurare un a relazione intima e profonda. Un' esperienza che ci riguarda tutti è che non viene consapevolmente scelta , ma ci "capita". Senza l'innamoramento non ci sarebbe la vita, visto che l'amore ci permette di nutrire la forza vitale della nostra esistenza. Chi è affetto da mal d'amore continua a vivere in simbiosi con l'altro anche quando l'innamoramento finisce ma ne rimane intrappolato non riuscendo a separarsi dal proprio partner per poter scegliere liberamente di amarlo.

Tradimento o Conoscenza?


Il primo tradimento che viviamo, in realtà, lo agiamo ma non lo subiamo. Nostra madre quando per la prima volta si separa da noi, si fa “tradire” consapevolmente. Il bambino, dal canto suo, nel momento in cui “tradisce” sua madre ha la possibilità di accedere all’altro genitore. Da questo si deduce che tradire è sinonimo di crescita e di conoscenza. Spesso quando il nostro partner/la nostra partner (siano essi: coniugi, compagni, amici, figli, colleghi,…) ci tradisce, oltre alla inevitabile rabbia e dolore, ci sta facendo conoscere una parte nuova di noi stessi e di se stesso.

  • Continua a leggere l'articolo

    Allora cos’è che ci destabilizza tanto quando siamo vittime di un tradimento?


    Probabilmente l’idea di non essere più al centro delle attenzioni dell’altro. Questa convinzione ci investe, ci condiziona e ci irretisce. Ciò spesso porta a vivere con paura l’idea di perdere la persona che amiamo.


    É frequente che se l’altro ci tradisce, tendenzialmente reagiamo con un perdono solo apparente, che appartiene più all’angoscia di rimanere soli piuttosto che a un vissuto di accettazione autentica. Altre volte si comincia ad assumere un atteggiamento ipercontrollante sul proprio partner, per appurare che l’altro sia sincero e non ci faccia più soffrire. Ma il vero tradimento in realtà lo commettiamo verso noi stessi. Invece di rivolgere le nostre attenzioni e le nostre energie su di noi e sulle nostre emozioni, le usiamo per controllare il nostro partner. Questo può essere di ostacolo per capire veramente cosa è accaduto nella coppia e in noi. Certamente nella fase “calda” del tradimento è preferibile non prendere decisioni sulla scia dell’urgenza e della paura…se si vuole veramente capire e comprendere che ne sarà della coppia che fino ad allora si conosceva, occorre recuperare la lucidità, rimanendo in contatto con le nostre emozioni e i nostri vissuti.


    Il tradimento lo si intende anche come venire meno ad un patto. Non rispettare l’accordo tacito di rimanere fedeli ad un’idea di coppia e/o di famiglia. Questo è il primo vero “lutto” che va affrontato. Nel contempo occorre tenere a mente che il patto tra i partner va contrattato nuovamente ed in ogni fase della vita di coppia affronterà. Solitamente gli uomini tradiscono per perdita di sicurezze interne, per incapacità di vivere una vera intimità. Le donne tradiscono perché generalmente si innamorano. Nelle coppie omosessuali il tradimento è fonte invece, di grande vergogna e spesso viene vissuto con grosso conflitto interno.

Uniti nella separazione


Separarsi dal proprio partner non conviene a nessuno. Non conviene agli eventuali figli, soprattutto quando questi sono piccoli. Non conviene al partner che deve lasciare la casa. Non conviene al partner che rimanendo solo/a deve badare “quasi esclusivamente” alla crescita dei figli.

Quando ci si separa spesso si prova: rabbia, delusione, a volte disperazione, dolore e smarrimento, soprattutto quando non si riesce a trovare una causa che giustifichi la fine del rapporto.

  • Continua a leggere l'articolo

     La donna, madre dei bambini, nella maggior parte dei casi deve superare il dolore della separazione e nel frattempo deve essere lucida e pronta per badare ai suoi figli. L’uomo in molti casi, “è costretto” ad andare via di casa e a lasciare quello che per lui sino a quel momento era il suo mondo.


    Questa è un soluzione non soluzione. Le persone sull’orlo di una separazione possono decidere di: “fare i separati in casa”, ma questa spesso è una scelta non consapevole. Comunque sia, essa rappresenta una scelta difficile da concordare e soprattutto difficile da mantenere nel tempo.


    Allora come comportarsi?


    Non c’è una soluzione univoca, bisogna esaminare caso per caso…ciò che facilita la scelta più opportuna si lega sicuramente alla possibilità di alleviare i sensi di colpa delle persone coinvolte nella separazione, figli prima di tutto. Non solo, ma si dovrebbe lavorare sulla rabbia e la delusione, manifesta e latente, che ogni singolo membro della famiglia vive. Ciò permetterebbe di iniziare a lavorare internamente sul lutto che tutta la famiglia deve fare sia nell’eventualità che uno dei partner vada via, sia che ambedue decidano di “fare i separati in casa”.


    Discorso a parte deve essere fatto per i figli che sono la parte più danneggiata nelle famiglie dove i genitori si stanno separando. Essi non solo sono destabilizzati, ma a volte vengono anche manipolati. Nei casi estremi, capita sempre più di frequente che le madri calunniano i propri ex partner, pur di svalutarli e denigrarli agli occhi della loro prole.


    Quello che spesso dimenticano i genitori è che i loro figli soprattutto quando la loro età è compresa tra e 4 e i 7 anni, sono piccoli ma non sono stupidi. Loro assorbono tutte le tensioni che i genitori vivono. Anche se non hanno i mezzi emotivi per comprendere quali sono le cause che “costringono” i propri genitori a separarsi, comunque devono affrontare un grande cambiamento, fatto di piccoli e grandi gesti quotidiani. Tante abitudini che da sempre danno sicurezza al loro equilibrio affettivo e psicologico. Il disagio che avvertono, specialmente quando sono piccoli, viene manifestato nei modi più disparati. Occorre pertanto intervenire tempestivamente, aiutando i genitori ad accettare il grande cambiamento che la loro famiglia sta subendo e nello stesso tempo aiutare i figli a “tirar fuori” tutte quelle emozioni che solo se elaborate possano aiutarli a superare questa grande prova che la vita sta imponendo loro.

Chiamate in studio per prenotare una consulenza con i dottori
Contattate lo studio
Share by: